Il tango, la psicanalisi e la commedia dei sessi


Parte prima

di Maria Rita Conrado

La mia avventura con il tango è cominciata circa undici anni fa proprio grazie all'incontro con Leonardo Elias e Victoria Arenillas, i miei primi maestri di tango, a cui devo molto per l'imprinting che mi hanno dato nella pratica di questa danza. In questa occasione voglio ringraziare Leonardo per avermi chiesto di intervenire, ancora una volta, con una conferenza con cui tenterò di articolare qualcosa sul tango come danza a partire dalla mia esperienza sia del tango che della psicoanalisi.
Undici anni orsono, decisi di tornare a praticare la danza. Abbandonata durante l’adolescenza sotto la forma della danza classica, non ero mai riuscita a incontrare un genere di ballo che mi consentisse di riallacciare quell'antico rapporto tra corpo e musica che per me si era interrotto a causa dell'eccessiva durezza della disciplina del balletto classico. Mentirei se dicessi che il tango fu la prima e unica opzione e farei altrettanto se dicessi che il tango era tra i generi musicali che amavo di più ascoltare. No, era il jazz. Ma la danza jazz non rispondeva alla mia ricerca, paradossalmente, pur essendo rimasto il genere musicale che prevalentemente ascolto, è nel tango come danza che ho trovato il suo corrispondente, in quel particolare 'corpo a corpo' in cui l'improvvisazione assume tutta la sua portata di invenzione.
Una sera, mentre navigavo in rete per cercare una scuola di ballo, mi imbattei in alcuni video: non si trattava di esibizioni di ballerini più o meno noti. No. Erano i video di saggi dI allievi. Coppie di uomini e donne, di ogni età, che fremevano, emozionati, nel tentare di costruire insieme qualcosa di sempre nuovo e diverso, a tratti velocissimo e incalzante per poi, subito dopo, diventare lentissimo e dolce, sospendendosi in delle pause dense di attesa, il tutto scivolando sulla pista abbracciati. Veramente abbracciati. Trasudava qualcosa da quell’abbraccio: non poteva essere qualcosa di automatico, di fisso, di convenzionale, altrimenti non avrebbe potuto funzionare come fulcro dell'esperienza. era da quell’abbraccio, un abbraccio vivo, mobile, sensibile, che scaturiva la danza, era quello il suo nucleo, il suo cuore pulsante. La faccenda mi colpì provocandomi un brivido. Lo ascoltai e così decisi: tango!
Il primo anno di corso ebbe, per me, due momenti topici, momenti che hanno rappresentato due punti di riferimento dell’insegnamento che ho ricevuto: alla seconda o terza lezione del corso principianti, mentre Leonardo cercava di farmi sentire da dove dovesse partire il movimento per seguire la marca dei passi, il segnale, l’impronta corporea che proviene dal corpo del partner, mi fermò improvvisamente e in maniera energica mi disse: “Questo ballo non si balla qui!” poggiando la mano sulla mia fronte. E proseguendo: “Questo ballo si balla qui!” trasferendo la mano all’altezza del diaframma. Fu come un imprinting. E come Leo mi ha spiegato in seguito, nell’insegnamento di questa danza, bisogna darne parecchi di imprinting corporei ai principianti. Qualcosa si deve imprimere nel corpo, sin dall’inizio, non può esserci tango se non si è disposti a rinnovare il rapporto col proprio corpo e a rinnovare il modo con cui entriamo in rapporto con il corpo dell'altro.
Il secondo momento, invece, fu ad opera di Victoria, che verso la fine del corso principianti, durante le prove del timido saggio che andavamo preparando bloccò la musica, ci fermò e con voce stentorea ci disse: “Le donne! Non ci mettete il corpo!” Questo fu come un elettroshock. Sentii che nell’osservazione della maestra, una donna, che si rivolgeva alle donne evocando il corpo da mettere dentro la danza, si celava quello che per me è il vero segreto del tango.
Ma mi ci vollero diversi anni per riuscire a mettere a fuoco il motivo per cui questi due momenti erano stati tanto importanti per poter penetrare il tango e, soprattutto, per lasciarsi penetrare dal tango. Confesso che la messa a fuoco non è ancora completa, e ho capito che, per fortuna, non lo sarà mai del tutto, è il motivo per cui mi appassiona questa danza, nonostante i miei andirivieni, i momenti di crisi, la nostalgia; una danza che conserva sempre qualcosa di misterioso, qualcosa di inaccessibile alla comprensione secondo il logos, la logica con cui la civiltà occidentale ha sempre cercato di indagare e rendere conto del reale. Questo mistero è proprio ciò di cui tenterò di parlarvi oggi.
Meri Lao, nel suo testo “Todo tango” ci dice che Buenos Aires sembra essere, dopo Parigi, la città che vanta la più alta concentrazione di psicoanalisti, in particolare formati all’insegnamento di Jacques Lacan: psichiatra e psicoanalista francese che, nel momento in cui la psicoanalisi post-freudiana tentava una parziale cancellazione dei pilastri dell’insegnamento freudiano, giungeva ad operare, invece, un ritorno ai testi di Freud alla luce della linguistica, dello strutturalismo e della logica ma anche alla luce della letteratura, della filosofia e della poesia. Il suo insegnamento, in seguito, si è diffuso a livello mondiale, dall’Europa all’America centrale e del sud. Sono numerosi, quindi, gli articoli e i saggi scritti dagli psicoanalisti, soprattutto argentini, che riguardano in particolare il tango canzone, cioè le parole del tango. Gustavo Hurtado, psicoanalista porteño, pubblica nel 1994 un testo intitolato “Tangoanàlisis” in cui tenta una rilettura dei testi del tango canzone alla luce dell'insegnamento di Freud e di Lacan. Ma anche in Europa, soprattutto in Francia, c’è stato chi ha dato il proprio contributo alla materia. Tra gli altri, Esthela Solano-Suarez, psicoanalista a Parigi di origini argentine, ballerina di tango, ripercorre in un suo testo in francese, la storia del tango in chiave psicoanalitica a partire dai “detti dell’amore” del tango canzone .
C’è un’espressione famosissima di Carlos Discépolo che secondo quest’autrice esprime perfettamente ciò di cui si tratta nel tango: “il tango è un pensiero triste che si balla”. Che vuol dire? Che un pensiero triste resta dimenticato dietro ciò che si balla? Un pensiero che sosterrebbe tanto la danza quanto il testo? Effettivamente, nei testi delle tango canzoni, i temi affrontati hanno sempre a che fare con un sentimento di perdita. Dice Meri Lao al proposito:”Come se avesse il potere taumaturgico di rimandare indefinitamente l’incontro con la realtà o di inventare una realtà parallela, il tango tallona gli emigrati di ieri e gli esiliati di oggi. Scissi, laggiù vivono di materiali europei e qui di materiali oltre-oceanici, conservando una parte di sé inguaribilmente straniera. Tornano varie volte ma non si sentono a loro agio né qui né là. Convalescenti del passato, si ritrovano in una condizione di perenne sfasamento con ciò che accade. A immagine e somiglianza del tango, anacronistico come le ninne nanne. Eppure, conclude Meri Lao, è categoria dello spirito, ha una sua universalità”. In queste poche righe il talento letterario di questa musicista, tra le più autorevoli esperte di tango, riesce a dire ciò che ha significato, nelle sue conseguenze psicologiche, il fenomeno della migrazione trans-oeceanica per due milioni e quattrocentomila persone, verificatosi tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi venti anni del Novecento, descrivendo puntualmente l’atmosfera in cui è nato il tango: “genere musicale di frontiera, prodotto di meticciato, crogiolo, fusione”. Ma con esse individua anche una categoria dello spirito che riguarda l’essere umano in sé, non solo l’emigrante o l'esiliato, e che Lacan riassumerà nella frase “Il soggetto è sempre straniero nel campo dell’Altro”. Il concetto di Altro, scritto con la A maiuscola, in Lacan ricopre più significati che trovano una radice comune nell'alterità rispetto al soggetto. Dunque, l’Altro condiziona il soggetto fin da prima della sua nascita. Il soggetto, per esistere come tale, deve alienarsi, riconoscendosi nel nome che gli da l'Altro, deve apprendere il codice dell'Altro, deve imparare a parlare il linguaggio dell'Altro. Il soggetto umano si costituisce nel Campo dell’Altro come uno straniero che arriva in una terra sconosciuta, toccato originariamente da una perdita che è costitutiva del suo essere, perdita strutturale, perdita della Cosa, così la chiamava Freud, la Cosa con la C maiuscola, oggetto mitico di godimento fusionale, perduto da sempre e per sempre, da cui nasce quel sentimento inconscio di nostalgia che spinge a desiderare, a cercare di ricostituire, quell’unione fin da sempre perduta.
Ed ecco che in quel contesto storico il tango nasce per rendere il dolore della perdita e la nostalgia sopportabili, non restando altro che “inscenare la propria vita, ricostruire la propria identità, esorcizzare la perdita, nutrirsi di essa rappresentandola”. Rappresentazione su uno sfondo di assenza, il tango è un tentativo di elaborare un lutto, allora si trattava del lutto della perdita della propria terra, dei propri legami affettivi. Ma ecco che, potendolo riconoscere come categoria dello spirito, allude anche ad altri tipi di perdita ed infatti è proprio l’amore il tema che principalmente viene messo in gioco dagli autori e dalle autrici delle tango canzoni.
Dice Gustavo Hurtado, l’autore di Tangoanalisis, che i testi delle tango-canzoni si presenterebbero come un trattato sulla nevrosi isterica scritto da un nevrotico ossessivo: abbandonato dall’isterica, che si sottrae, che sfugge al suo desiderio, l’uomo esprime e tenta di superare, in maniera ripetitiva e sulla musica del tango, il tradimento, la caduta e il castigo; egli allora adotta il ruolo esemplare paterno per rimproverarla, consigliarla, dettarle norme morali. Ad un’indagine più approfondita, però, il tango, nelle sue parole, offre molto di più alla psicoanalisi: ripercorrendo le letras delle tango canzoni, vere e proprie poesie, Esthela Solano-Suarez mette in evidenza che con esso, nell’arco di cinquanta anni circa, vediamo compiersi il quadro che evoca i tre partner dell’uomo, a cui il tango si rivolge, e queste tre figure, che rappresentano i tre modi con cui la Cosa freudiana, l’oggetto perduto fin da sempre, prende forma per l’uomo, e sono: la donna, descritta come un'alterità incontrollabile e incomprensibile; la madre, descritta come l’unica che conta, colei a cui tornare per trovare consolazione, e, infine, la morte. Soprattutto dopo gli anni Quaranta, infatti, il tango evolve verso un genere letterario sempre più elaborato e le sue parole descrivono il progressivo crescere del sentimento di impotenza esistenziale e di cinismo di fronte alla decadenza dei tempi. Il tango diventa esistenzialista. Così, nelle letras, assistiamo al congiungersi dei detti dell’amore con questo punto di perdita originario che confluisce verso la morte. Ed è così che nel tango ascoltiamo il lamento di un uomo solo, sconfitto, che rivela la tristezza di essere ineluttabilmente separato dall’Altro e non riesce a vedere altro che la morte per potersi ricongiungere ad esso. Un esempio suggestivo di ciò lo troviamo nel tango di Astor Piazzolla “Ballata per la mia morte”.
Ma cerchiamo di avanzare nell'indagine e di tracciare il sentiero per arrivare poi al tango come danza: nei suoi poemi d’amore, amore deluso, tradito, perduto, il tango canzone celebra la constatazione che tra uomo e donna qualcosa non funziona, c’è una faglia, un impossibile, un buco strutturale, connaturato al diverso funzionamento del femminile rispetto al maschile, che impedisce la garanzia di un'armonia della relazione tra i sessi ma che a questo punto di impossibile non si arrende, tentando addirittura di poter realizzare l’unione appoggiandosi alla morte come partner.
Questo qualcosa che non funziona è ciò che la psicoanalisi di orientamento lacaniano ha denominato l’impossibile del rapporto sessuale, la sua non iscrizione in termini di logica, che non significa che tra gli uomini e le donne non siano possibili delle relazioni sessuali, ma che tra uomo e donna c’è una lacuna che non può essere né delucidata né risolta all’interno del logos, cioè all’interno del linguaggio. Le parole del tango, romantiche, ciniche, melanconiche, erigono un monumento a questo punto di impossibile. E infatti l'unico modo per confrontarsi con questa lacuna è proprio la parola d'amore.
Oggi, però, non siamo più nella Buenos Aires o nella Parigi del primo Novecento. Oggi le città sono abitate da uomini e donne che non hanno più tempo per coltivare la parola d'amore, per soffermarsi sull'interrogativo del desiderio e della mancanza, sulla nostalgia che scaturisce dell’impossibilità di “fare Uno” con il proprio partner, o per riflettere sulla necessità di trovare ancora una parola d'amore che umanizzi l'incontro con l'ineluttabile alterità dell'altro sesso. Oggi le città sono sature di oggetti di consumo, e anche il modo di entrare in relazione con l’altro sembra affetto dal consumismo. Le città sono luoghi in cui regnano modalità di godimento solitarie, direi anche autistiche, sempre più estranee alla logica dello scambio simbolico, basti pensare al modo con cui in molti si ritrovano, via social, ininterrottamente su internet nell’illusione di intrattenere rapporti sociali così come sessuali. Insomma, l’universo della tango canzone sembra non avere più nulla da offrire a questi uomini e a queste donne, di fronte al disgregarsi delle coordinate culturali della nostra contemporaneità. Eppure il tango torna sempre, sotterraneo, popola le milonghe ufficiali così come quelle spontanee che nascono sugli argini dei fiumi, nelle piazze o sotto i portici dei viali, come fu alle sue origini.
Graciela Brodsky, un'altra importante psicoanalista argentina, in una sua conferenza, con ironia aveva dichiarato che se fosse stata eletta Delegato Generale avrebbe reso obbligatorio lo studio del tango nell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi (AMP). Purtroppo si trattava solo di una battuta che resta comunque densa di sottintesi e di implicazioni. Quella conferenza trattava, ancora una volta, del maschile e del femminile. Ma se il tango ha esaurito, come sembrerebbe, le sue possibilità, se il tango del consumismo non può essere scritto, perché mai insegnare il tango agli psicoanalisti? Quali risorse serberebbe ancora il tango, senza ricadere nel nostalgico e nel vintage? E perché più si svuotano e cadono i sembianti tradizionali del maschile e del femminile, e più le scuole e i corsi di tango si moltiplicano in tutto il mondo, tra persone che non conoscono lo spagnolo, e le letras restano sconosciute ai più? Il tango nei paesi europei, in Giappone e negli Stati Uniti, è danza, in primo luogo, poi è musica e infine è parole. E’ per il tramite della danza che si gioca il rilancio planetario del tango.
Questo fenomeno non è stato affrontato dagli psicoanalisti che hanno scritto sul tango, forse perché sono soprattutto di lingua spagnola, dunque si può ipotizzare che fatichino di più a isolare l’esperienza del tango come danza da quella relativa alla fruizione della musica e del testo. Pare che in Canada, se un uomo si azzarda a liberare le braccia di una donna dal peso delle buste della spesa o se insiste per pagare il conto al ristorante, si ritrovi accusato brutalmente di non rispettare la dignità femminile. Ebbene, il Canada è la nazione dove il tasso di suicidio maschile è superiore del 20% a quello femminile ed è anche la nazione occidentale in cui il tango ha preso maggiormente piede. Ma certo, chi balla lo starà già pensando, nel tango l’uomo deve “fare uomo” e la donna, che faccia la donna una buona volta, almeno lì! E’ vero, ma questo accade in molti altri balli di coppia, dal valzer alla salsa, i ruoli sono ben definiti, se ognuno non svolge il proprio, appunto, non si balla. E allora perché tutto questo fermento intorno al tango ? Nel tango danza, che cosa si gioca tra i partner?

L'EQUIPE